Bergamo Dialogues con Alias SEC-City: in conversazione con Alfredo Häberli
Un dialogo visivo che celebra il rilancio del sistema modulare SEC – originariamente progettato nel 1997 da Alfredo Häberli – ora reinterpretato attraverso la memoria urbana di Bergamo, la città dove è nata Alias.
C41: Il sistema SEC originale risale al 1997. Come avete affrontato l'idea di riprogettarlo o riproporlo oggi?
Alfredo Häberli: Innanzitutto, SEC è una struttura autoportante in alluminio. Questo è il suo elemento portante. A questa si affianca una seconda dimensione, più sensoriale e tangibile: i materiali che si possono toccare con mano — cassetti, ripiani, pannelli.
Proprio da questa doppia natura nasce la riprogettazione di SEC: una nuova visione che rilegge il sistema da una prospettiva diversa, mettendo in dialogo struttura e materia.
C41: Oggi i sistemi modulari devono adattarsi ad ambienti di vita e di lavoro altamente flessibili. Come riuscite a preservare il DNA del design originale SEC degli anni '90 e allo stesso tempo evolverlo per soddisfare le esigenze domestiche e professionali contemporanee?
AH: La qualità di un sistema sta nel fatto che è possibile adattarlo a ogni esigenza e, nel corso del tempo, è possibile aggiungere o rimuovere alcuni elementi, componendolo in modo nuovo. Questo è ciò che lo rende estremamente moderno e contemporaneo.
C41: Quindi ritieni che SEC sia sempre stata moderna e contemporanea?
AH: Sì, perché per me è molto importante non seguire le tendenze. Le osservo e le conosco, ma il progetto deve sempre stare un passo avanti — tre, quattro, persino cinque anni. Per questo inseguire le mode non ha senso. È anche così che SEC, a quasi trent’anni dalla sua nascita, continua a essere attuale, restando in produzione e in catalogo.
C41: La dichiarazione concettuale recita: “Tecnologia e nuovi materiali... un paradosso: più la tecnologia è complessa, più è adatta a produrre oggetti semplici per l'uso quotidiano...” Come si manifesta questo paradosso in SEC?
AH: Per me non è davvero un paradosso, perché l'uso della tecnologia mi ha offerto molte possibilità, ma non devo parlare della tecnologia che utilizzo. È più invisibile. Ecco perché per me non è un paradosso.
C41: Secondo te, cosa rende un design davvero “senza tempo” e come decidi quando un'idea merita di diventare parte di un panorama culturale duraturo?
AH: È difficile progettare un prodotto senza tempo. Se non si seguono le tendenze, allora è neutro. Per me, un oggetto di design deve poter stare in spazi diversi. Deve adattarsi in modi diversi, e questo forse lo rende senza tempo, ma penso che con il passare degli anni si capirà se un prodotto è senza tempo o meno, si riconoscerà sempre un po' quando è stato realizzato perché fa parte della nostra storia, per via delle tecnologie, per via del colore che magari si usa, o qualsiasi altra cosa. Quindi mostrerà un po' il momento contemporaneo in cui è stato progettato, ma nel corso dei decenni, può essere che alla fine sia senza tempo o una sorta di classico moderno. E questo è sempre bello.
C41: Ritieni che SEC abbia raggiunto questa atemporalità?
AH: Penso che sia invecchiato bene, in senso positivo. Come dire? È invecchiato molto bene. E sono molto orgoglioso che sia ancora in produzione. Questo la dice lunga, davvero. Ma la dice lunga anche sull'azienda, perché oggi utilizziamo nuovi colori, nuovi materiali, ci siamo adattati ai tempi e, in un certo senso, è come se fosse un prodotto nuovo, perché ha un aspetto molto diverso, ma è sempre la stessa architettura, la stessa tecnica e la stessa proporzione degli stessi elementi. Ma semplicemente aggiungendo colori e materiali caldi, è cambiato completamente ed è bello perché è molto versatile.
C41: Come avete scelto i nuovi colori e come vi sentite nel vedere i vostri prodotti in questi nuovi colori?
AH: La scelta dei nuovi colori avviene all’interno di un processo condiviso con l’azienda e riguarda l’intera collezione, non solo SEC. Ci chiediamo insieme quali cromie proporre per i prossimi anni e lavoriamo in modo corale su questa visione. Non è mai una decisione solo mia: il mio contributo è parte di un confronto più ampio che coinvolge anche gli altri prodotti e i progetti firmati da diversi designer e architetti. È fondamentale che l’azienda riconosca e condivida questa direzione, perché il colore diventa espressione di una visione comune.
C41: Hai parlato della scoperta di nuove tipologie e temi dimenticati. Cosa ti ispira maggiormente quando immagini nuove possibilità nel design?
AH: Con SEC volevo offrire un'ampia apertura e possibilità di utilizzo. Quindi non importa se si trova in ufficio, nel salotto di casa o anche in bagno o in camera da letto, si adatta a ogni ambiente perché è molto versatile. E questo è essenziale per un prodotto destinato a durare nel tempo.
C41: Il tuo lavoro spesso bilancia intuizione e precisione tecnica. Come riconosci personalmente quando un progetto ha raggiunto la sua forma “essenziale”?
AH: In un certo senso, sono un designer lento. Mi ci vuole tempo per raggiungere il livello che desidero. Di solito, in studio mi chiedo: lo comprerei? Se decidiamo di non acquistare il prodotto, facciamo un altro giro. Questo è piuttosto importante. Quello che cerco sempre di mescolare è ciò che ho nell'anima, ovvero due elementi: il lato tecnologico, la precisione, che è più simile all'architettura. E poi la poesia, che è indescrivibile. Non si può descrivere la poesia, non è lineare. Mi piacciono questi due contrasti, quindi parlo spesso dell'anima di un prodotto, e finché non vedo o non sento l'anima in un prodotto, non lo mostro al cliente.
C41: Per i giovani designer o gli appassionati di design che ci stanno guardando, quale sarebbe secondo te la lezione fondamentale da trarre dal riproporre un design storico e riportarlo nel presente?
AH: Oggi vedo molte aziende riprendere e rimettere in produzione progetti d’archivio. Non è il caso di SEC, in realtà non abbiamo mai smesso la produzione, ma comprendo bene questo fenomeno. Viviamo immersi nella tecnologia e spesso sentiamo la mancanza di comfort, di anima, di intimità — qualità che molti progetti del passato possedevano in modo naturale. È anche per questo che i giovani designer sono attratti da design di quarant’anni fa, o anche più antichi: da un lato perché non hanno un’esperienza diretta di quella storia, dall’altro perché quei progetti riescono ancora a toccare le emozioni, a parlare ai sentimenti. E questo è sempre un valore.
Lo stesso accade in altri ambiti — dalla moda all’automotive, fino all’architettura. Ci troviamo in edifici molto antichi e restiamo colpiti dai colori, dalle proporzioni, dai materiali utilizzati. È la dimostrazione che il progetto è ciclico: avanza, torna indietro, si trasforma, ma continua a parlare al presente.
C41: Parli molto del sentimento dell'anima nei progetti e nella cultura precedenti. Ma cosa ne pensi ora del futuro? Ritiene che i progetti attuali stiano perdendo un po’ la loro anima, o come vede il futuro?
AH: Quando progetto, guardo sempre ai prossimi tre, cinque, al massimo dieci anni, perché le tecnologie cambiano molto rapidamente. Ma il mio approccio rimane lo stesso: immagino le persone che utilizzeranno il prodotto e gli spazi in cui lo useranno. Cerco di offrire qualcosa che io stesso cercherei: può essere calore, una soluzione a un problema pratico, o un nuovo modo di affrontare un tema che è stato dimenticato. I modi di vivere e usare gli oggetti cambiano continuamente. Pensiamo, ad esempio, al divano: nel tempo ha trasformato il modo in cui ci sediamo, dal rigido al più rilassato, quasi orizzontale. Osservare queste evoluzioni negli esseri umani è fondamentale. Io dico sempre che osservare è il modo migliore per pensare: osservo i giovani mentre usano le cose, osservo me stesso, osservo ciò che mi circonda e da questo traggo ispirazione e nuove idee ogni giorno.
C41: Infine: se dovessi scegliere una sola parola per descrivere ciò che questa riedizione di SEC apporta ora al catalogo Alias, quale sarebbe e perché?
AH: Direi “unicità”. Per me è fondamentale lavorare sul carattere di un prodotto: deve avere qualcosa che lo renda speciale, che non esista già. E penso che Alias, in questo senso, sia un vero gioiellino nel mondo dell’arredamento. Trovo che sia davvero bello poterlo sottolineare con questa riedizione di SEC.
Testi a cura della redazione
Fotografia di Luca A. Caizzi
In collaborazione con Alias